L’agenzia stampa dell’Iran, Mizan, lo definisce “leader delle rivolte a Nowshahr”. Condannato a morte anche un 18enne.
La Repubblica islamica dell’Iran sarebbe, dopo la Cina, il Paese al mondo con il numero di esecuzioni capitali più alto: 314 dal 2017. Le ultime proteste contro gli ayatollah guidati da Ali Khamenei hanno portato all’arresto di molti manifestanti, per lo più giovani. L’Italia esprime il suo dissenso sulle esecuzioni chiedendo la fine della repressione violenta delle proteste.
Da quattro mesi le proteste in Iran contro il governo provocano l’arresto di giovani manifestanti. L’ultimo è stato Arshia Takdestan, 18enne originario della città di Nowshahr (Teheran). Il ragazzo era stato già arrestato con l’accusa di guerra e corruzione (moharebeh), venendo condannato adesso a porte chiuse dal tribunale rivoluzionario di Mazandaran.
Le esecuzioni iraniane
Il Tribunale lo ritiene colpevole anche di “crimini su larga scala contro la sicurezza interna e distruzione di proprietà che ha causato grave disturbo all’ordine pubblico, insicurezza e gravi danni alla proprietà pubblica”. Ma la sentenza può essere impugnata dinanzi alla Corte suprema.
La protesta antigovernativa però coinvolge anche altre zone del Paese. Due le esecuzioni avvenute a fine anno: quella di Mohsen Shekari, 23enne giustiziato per aver ferito un membro delle forze di sicurezza, e quella di Majidreza Rahnavard, impiccato in pubblico accusato di aver ucciso due membri delle forze di sicurezza.
Anche Mehdi Mohammadi Fard e Mohammad Boroghani, sono stati arrestati durante le proteste scoppiate a settembre scorso, accusati di aver diretto e pianificato le manifestazioni del 21 settembre, oltre a “insulto al leader supremo”. Anche chef e istruttore di cucina Navab Ebrahimi, è stato arrestato sul posto di lavoro per aver postato un video in cui faceva delle cotolette in memoria del generale delle brigate Al-Qods Soleimani.